La questione delicata di fotografare un altro Condòmino, al fine di provare un uso illecito di una parte comune all'interno di un condominio, suscita sempre dibattiti e controversie, spesso portate all’attenzione dell’assemblea ma altrettanto spesso sfocianti in diatribe personali che trovano poi giustizia nelle aule dei Tribunali.
Ovviamente occorre sempre valutare molto attentamente gli ambiti di applicazione delle questioni oggetto di discussione e in questa sede si vuole esclusivamente disquisire e porre l’accento su quanto possa essere sensibile e delicato il confine tra “lecito” ed “illecito”, invitando tutti a fare sempre molta attenzione ed eventualmente a confrontarsi sempre con un legale di fiducia prima di intraprendere azioni di questo tipo.
Iniziamo col precisare che, secondo l'art. 660 c.p., il reato di molestia o disturbo alle persone si configura quando un soggetto, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o tramite telefono, reca a taluno molestia o disturbo per petulanza o per altro biasimevole motivo. La pena per questo reato può essere un arresto fino a sei mesi o un'ammenda fino a 516 euro, a querela della persona offesa. Si capisce quindi l’importanza che la stessa giurisprudenza attribuisce alla questione in trattazione.
Andiamo però per gradi.
Un aspetto importantissimo è la concreta situazione/vicenda oggetto di causa. Assimilare c.d. “casi analoghi” è sempre molto rischioso…
Si richiama inizialmente l’attenzione su una decisione della Cassazione (Cass. Pen., sez. VII, 11/12/2018, n. 55296) che ha valutato la vicenda di un Condòmino che aveva collocato una telecamera per controllare i movimenti di una vicina e carpirne le immagini di riservatezza familiare (ma aveva anche simulato l'intenzione di investirla con l'autovettura).
Ovviamente, il Tribunale ha condannato l'imputato (il Condòmino fotografo) alla pena di euro 340 di ammenda per molestia ai danni della Condòmina vicina, considerando l'ambito di commissione dei reati, le condotte poste in essere, l'astio verso la persona offesa, l'intromissione nella sfera di riservatezza, il disagio procurato e il turbamento della vita quotidiana.
Da quanto sopra, è lecito domandarsi se commetta o meno analogo reato di molestie il Condòmino che scatta una foto ad altro Condòmino per segnalare all'amministratore del condominio l'uso abusivo di una parte comune, situazione sicuramente più presente nei fabbricati e più ricorrente tra i singoli Condòmini.
Questa fattispecie è stata anch’essa trattata dalla recente Cassazione, n. 18744 del 4 maggio 2023, che ha fornito una precisa e chiara interpretazione su questo argomento spinoso, offrendo importanti riflessioni per i Condòmini e gli Amministratori condominiali.
Nello specifico, la richiamata Cassazione si è interrogata sul fatto se fotografare un altro Condòmino, per provare all'Amministratore l'uso illecito di una parte comune, sia o meno è reato.
I fatti trattati dalla Cassazione vedono un Condòmino nell’atto di fotografare l'autovettura di altri due Condòmini che avevano parcheggiato il loro mezzo in area comune vietata, al fine di segnalare all’Amministratore il loro comportamento scorretto e adottare conseguentemente i provvedimenti del caso.
I diretti interessati, coloro i quali sono stati fotografati, erano convinti che l’attività posta in essere dal Condòmino/fotografo fosse pregiudizievole e che si configurasse quindi il reato previsto dall'art.660 c.p. in quanto, a detta loro, per biasimevole motivo, erano stati “molestati e disturbati”, oltre al fatto che i loro figli minori si trovavano all'interno della vettura fotografata.
In prima battuta il Tribunale assolveva l'imputato (Condòmino/fotografo) dal reato, in considerazione della particolare tenuità del fatto stesso ma, contro questa decisione, gli interessati (cioè i Condòmini proprietari delle autovetture fotografate) proponevano ricorso, ma anche la Cassazione ha dato ragione al ricorrente fotografo.
I Giudici Supremi hanno infatti escluso l'abitualità della condotta in quanto si è trattato di un unico episodio, ed ha anche escluso il biasimevole motivo in relazione al comportamento dell'imputato, atteso che le fotografie servivano esclusivamente per dimostrare all'Amministratore che la vettura dei Condòmini era ferma in area vietata.
Considerazioni conclusive
Il reato di molestie o disturbo alle persone, così come palesato all'art. 660 c.p., si configura quale reato abituale esclusivamente in forza di una condotta ripetuta nel tempo; il richiamato reato si concretizza anche con una unica azione di disturbo o di molestia, purché azione ispirata da biasimevole motivo o quando il comportamento sia particolarmente pressante e indiscreto, petulante e in sostanza idoneo ad interferire in modo fastidioso nella sfera della vita privata della vittima (Cass. Pen., sez. I, 07/02/2017, n. 26336).
Nel caso esaminato dalla Cassazione (Cassazione, n. 18744 del 4 maggio 2023), il Condòmino è risultato solamente scrupoloso, con l’intenzione di dimostrare in modo concreto e tangibile le violazioni di terzi, non commettendo quindi alcun reato nel momento in cui fotografa i trasgressori, sempreché la sua condotta non si spinga oltre e sia quindi connotata da petulanza e ripetitività o altro.
In definitiva, la Cassazione afferma che non commette il reato di molestia il condomino che scatta una foto di nascosto al vicino esclusivamente al fine di documentare una violazione del regolamento condominiale (vedere in argomento anche Cass. Pen., sez. I, 13/04/2017, n. 18539).
Alla luce di quanto sopra, comprendendo la delicatezza dell’argomento trattato e che in ogni caso la valutazione dev’essere almeno condivisa preventivamente con un legale, la sentenza in argomento (Cassazione, n. 18744 del 4 maggio 2023) non può che essere condivisibile, soprattutto alla luce del fatto che sempre più spesso non si tratta di casi isolati.